In un mondo ibrido, occorre riflettere sull’esperienza dei più piccoli con il digitale: un rapporto non privo di rischi che inizia sempre più precocemente.
Osservando una cena di famiglia, non è raro notare bambini con gli occhi incollati a smartphone e tablet. Questi dispositivi, forse utili per placare l’agitazione momentanea, potrebbero trasformarsi però nel mezzo più semplice per gestire la naturale vivacità di questa età. Semplice tuttavia non significa migliore, soprattutto quando ne osserviamo gli effetti a lungo termine.
I dati di uno studio sugli adolescenti di 10-14 anni dal 2010 al 2020, i primi ad avere avuto un’infanzia digitale, mostrano un incremento di ansia, depressione e suicidi. Nel suo libro “The Anxious Generation”, Jonathan Haidt analizza questo fenomeno come passaggio da un’“infanzia basata sul gioco” a una “basata sul telefono”, evidenziando un iperprotezione nella realtà contrapposta a un completo abbandono nel digitale.
Analizzare il contesto tecnologico e sociale è fondamentale per approfondire questo rapporto dei nativi digitali e, magari, trovare nuovi modi per stabilire un equilibrio ed evitare derive rischiose.
Dispositivo a prova di bambino
Esaminare i legami tra infanzia e tecnologia significa partire dalle modalità di progettazione di oggetti e ambienti digitali. Attraverso semplici gesti, possiamo interagire con schermi, immagini e video che rispondono con feedback immediati. Questi dispositivi sono frutto di ricerche approfondite su come catturare e mantenere l’attenzione dell’utente, anche di quelli meno abituati alla tecnologia.
Touchscreen sensibili, palette di colori vivaci e una varietà di output sonori creano un’esperienza affascinante e coinvolgente. Questi elementi, amalgamati con cura, costituiscono un contesto che soddisfa la curiosità e il bisogno di immediatezza dei più giovani.
Relazione e identità digitali
Secondo una ricerca del Centro per la Salute del Bambino onlus e dall’Associazione Culturale Pediatri (2018), l’80% dei bambini tra i 3 e i 5 anni sa usare il cellulare dei genitori, il 30% dei genitori utilizzi lo smartphone per calmare già nel primo anno di vita, mentre la percentuale sale al 70% dal secondo anno.
Per comprendere anche il contesto della prima infanzia non è più utile quindi ragionare tra “offline” e “online”. In un certo senso infatti potremmo arrivare a pensare che la vita digitale di un bambino inizi anche molto prima di quella “terrestre”, se consideriamo per esempio il racconto di una gravidanza sui social.
Di fronte a questa nuova realtà, diventa essenziale sviluppare strategie di integrazione tecnologica che promuovono l’equilibrio tra le esperienze digitali e reali. Educare a un uso consapevole sin dalla tenera età può aiutare a formare individui capaci di godere delle infinite possibilità che questo contesto ibrido può offrire.
Rischi e raccomandazioni
Non c’è un consenso unanime tra gli studi e le indicazioni della comunità scientifica sugli effetti sulla salute psicofisica dei bambini. Tuttavia, è necessario valutare attentamente i rischi in una fascia così vulnerabile e delicata come i primi tre anni di vita, specialmente in termini di sviluppo cerebrale.
Alcuni studi (Hutton et al., 2020) hanno infatti indagato lo sviluppo delle aree corticali del linguaggio in bambini in età prescolare esposti ad un uso intensivo e precoce dello schermo. Gli autori hanno riportato una correlazione tra l’uso intensivo dei media digitali nella prima infanzia e una minore integrità microstrutturale dei tratti di sostanza bianca, in particolare tra le aree deputate alla produzione e comprensione del linguaggio.
Possiamo adottare un approccio informato all’uso dei dispositivi evitando in primo luogo di utilizzarli solo come calmanti e privilegiando applicazioni di qualità che supportano l’apprendimento. È altresì importante monitorare la durata dell’esposizione per evitare problemi di salute aggravati dall’esposizione alla luce blu.
La libertà di esplorare
Le tecnologie non sono negative per lo sviluppo quando utilizzate con saggezza, se adattate all’età. È importante infatti riflettere anche sulla digitalizzazione dell’identità. I nativi digitali, diversamente dalle generazioni precedenti, nascono in un mondo ricco di tecnologie, il che richiede un’attenzione particolare nella fase di apprendimento e uso di questi strumenti. Durante la crescita il digitale può portare a benefici come lo sviluppo di nuove abilità, migliorare la coordinazione occhio-mano, stimolare il riconoscimento di suoni e immagini e incoraggiare la creatività.
L’utilizzo deve comunque rimanere limitato e non esclusivo. È fondamentale affiancare alle attività digitali altre esperienze che promuovano lo sviluppo della intelligenza senso-motoria coinvolgendo tutti i sensi senza la mediazione di dispositivi. Haidt suggerisce anche di incrementare il tempo dedicato al gioco libero e di abituare sin dai primi anni a svolgere piccole commissioni per iniziare a orientarsi nel mondo.
L’impegno Digital Detox Design è quello di offrire formazione che rifletta sulle dinamiche di un uso equilibrato delle tecnologie, per promuovere uno sviluppo armonioso e consapevole per chiunque. Se sei interessato a saperne di più, contattaci per ulteriori informazioni!